REPORTAGE – I BIKER CRISTIANI

0

Il Vangelo degli Easy Rider

Dal sito http://www.stpauls.it/jesus/1008je/1008je42.htm di Alessandro Speciale vi proponiamo un’articolo molto interessante per tutti i veri EASY-RIDER.

Volti truci e storie violente, jeans e giubbotti di pelle, braccia tatuate e fedine penali sporche. Questa è l’immagine tipica che si portano dietro i gruppi di fanatici motociclisti che solcano le strade americane. Stereotipo abbastanza reale. Ma che cosa succede quando questi biker si convertono alla fede e “abbracciano” Gesù? È il caso della Christian Motorcyclists Association, i cui pastori itineranti predicano la Buona Novella a cavallo di una Harley Davidson.

È cominciato tutto con un uomo e una motocicletta, come ogni storia on the road che si rispetti. A dire il vero, le motociclette erano due. Nel 1972, Herb Shreve, un pastore dell’Arkansas, compra infatti due Harley Davidson, una per sé e una per suo figlio, adolescente ribelle con il quale non riesce a stabilire un contatto. L’esperimento funziona e i due cominciano a girare l’America in lungo e in largo, partecipando a raduni e rally, imparando a conoscere la cultura dei biker. È così che Shreve si rende conto che non c’è nessuno che porti il Vangelo a quella grande comunità, immortalata già nel 1969 da Easy Rider.

Un gruppo di biker all’uscita da un ritrovo.
Il pastore ci mette due anni per accettare che quel compito spetti proprio a lui ma, dopo aver partecipato a un altro megaraduno e aver lungamente discusso il suo progetto con qualche amico, si decide a raccogliere la sua “chiamata”: inizia a predicare il Vangelo ai motociclisti, partecipando da solo ai rally e parlando di Cristo a bordo delle strade. Un anno dopo, nel 1975, fonda la Christian Motorcyclists Association (Cma), un “ministero” naturalmente “di frontiera” che, per molti, era un ossimoro già a cominciare dal nome.

«È vero, normalmente uno non associa la religione e le motociclette, il Vangelo e i biker. Questo è frutto soprattutto degli stereotipi indotti dai film hollywoodiani sui motociclisti. Ma ha poco a che vedere con la realtà del motociclismo»: Rick Steffy sa bene di cosa parla. Ha 63 anni e in moto, lui, ci va da una vita. Prima di diventare uno dei sei national evangelist della Christian Motorcyclists Association, ha fatto il saldatore e ha lavorato in aziende agricole e nei mulini. Per spostarsi è sempre andato in sella a una moto. Dal 1993, lui e sua moglie Eileen girano per i 15 Stati americani del Nord-Est, dal Massachusetts al Kentucky e alla Virginia, predicando ai raduni «secolari» – così definiti per distinguerli da quelli «cristiani», organizzati direttamente dalla stessa associazione – e agli incontri degli oltre 8 mila membri della Cma che vivono nell’area di loro competenza.
Jesus ha incontrato Rick ed Eileen in un hotel nel centro di Philadelphia. Appena ci vediamo, Rick confessa che per loro, che vivono a Ephrata, a meno di 100 chilometri dalla capitale della Pennsylvania, è la prima volta nella grande città. La loro Harley bianca, con un Gesù con i capelli fluenti dipinto sul serbatoio, spicca in mezzo ai taxi e ai pullman dei turisti. Rick si è avvicinato alla Christian Motorcyclists Association solo dopo essere diventato un «cristiano rinato». L’associazione è infatti rigorosamente non-denominazionale, aperta a tutti coloro che riconoscono «Gesù Cristo come Signore della loro vita» e invita i propri aderenti a partecipare alla vita comunitaria della propria Chiesa di appartenenza, sia essa battista, episcopaliana o presbiteriana (i cattolici sono molto pochi). Unica condizione: essere un «born again Christian», appunto, e la volontà di annunciare il Vangelo alla comunità dei biker.

La moto di un biker cristiano.

Per Rick Steffy, l’incontro con Gesù risale all’epoca più oscura della sua vita. Nel 1988 il suo matrimonio è in pezzi, ha abbandonato sua moglie Eileen e le sue due figlie. Beve molto, troppo: d’altra parte, l’alcolismo è una delle piaghe più diffuse nelle comunità dei motociclisti. Ma da quella vita randagia riesce a uscire proprio grazie all’«incontro con Gesù». Ritorna a casa, prova a rimettere in piedi il suo matrimonio. È in quelle settimane che, durante una gita in moto nel fine settimana, Rick ed Eileen si imbattono nella Christian Motorcyclists Association.
«Quando ho accettato Gesù nella mia vita», racconta, «non volevo più continuare ad andare in moto come facevo prima, andando di bar in bar a ubriacarmi. Non volevo farlo più, volevo restare con la mia fede anche quando andavo in motocicletta. Così, quando sono diventato cristiano, la prima cosa che ho pensato è che avrei dovuto abbandonare la moto. Ma in realtà, quello che volevo era continuare a cavalcare la mia Harley con altri cristiani come me». Per questo, aggiunge, «quando ho visto i cartelli di questa Christian Motorcyclists Association, mi sono detto “andiamo a vedere com’è questo gruppo”». In quel raduno, Rick ed Eileen trovano una grande unità e semplicità tra i membri: «Mi sono detto “questo è quello che sto cercando”».

Preghiera in un ristorante sull’autostrada.

Essere “motociclisti cristiani” è un «ministero» con un motto semplice: Changing the world one heart at a time, «cambiare il mondo un cuore alla volta». «Quello che ci distingue», riassume Rick parlando del suo “mestiere” di national evangelist, «oltre naturalmente all’essere cristiani, al riconoscere Gesù Cristo come Signore e Salvatore, è il nostro carattere: noi ci presentiamo – e ci dobbiamo presentare – agli altri in un modo che ricordi Cristo. Non ci si può vestire da cristiani la domenica e vivere come il resto del mondo durante la settimana. Chi ci guarda deve vedere un certo carattere, un’integrità, che facciamo quello che diciamo e diciamo quello che facciamo, che Gesù è con noi ogni giorno della settimana».
Da qui, l’enfasi che l’associazione mette sul servizio che è il principale – spesso l’unico – modo per avvicinare al Vangelo persone che ne sono lontanissime per educazione, cultura e stile di vita. «Non andiamo per strada a cercare di ficcare la Bibbia nella testa dei motociclisti», spiega Rick. «I biker, prima, devono poter vedere l’amore di Cristo. E mostrare loro questo amore significa essere lì e rispondere ai loro bisogni quando ci sono. Per esempio, se a qualcuno si rompe la moto, noi cerchiamo di dargli una mano perché venga portata da un meccanico, o proviamo ad aggiustarla lì sul posto. Ci sono state varie occasioni in cui persone sono state abbandonate ai raduni, soprattutto a quelli “secolari”», racconta ancora, «per esempio donne abbandonate dal loro compagno. E noi proviamo a dar loro una mano, un modo di tornare a casa. E poi una volta che sono sulla strada avvertiamo il nostro gruppo nella località di destinazione e facciamo in modo che vengano a prenderle alla fermata dell’autobus». Questo permette di mostrare a chi è sulla strada «un altro aspetto della vita, che c’è una speranza. Che c’è Cristo, insomma, che cambia la vita delle persone».
Dopo 35 anni di impegno, l’attività dei biker cristiani è ormai riconosciuta e accolta «positivamente» nel mondo dei motociclisti. «Offriamo semplicemente i nostri servizi, diamo una mano; dovunque vediamo che possiamo essere d’aiuto, è lì che andiamo, perché è la nostra occasione per mostrare cosa fa il Vangelo». E le porte si aprono: «Quando i biker vedono che non andiamo lì con un atteggiamento arrogante, che non siamo “santi” che vogliono giudicare gli altri ma che vogliamo davvero aiutare, si apre una porta e ci accettano per quello che siamo». Nessuna condanna, nessun giudizio perentorio: «Vedono che siamo lì, anno dopo anno, ci accettano. Capiscono che siamo amici, che ci impegniamo per fare in modo che il raduno sia un successo. Allo stesso tempo, vedono che non facciamo compromessi sui nostri standard, sul nostro modo di vita».

Mike Eisemann, dirigente della Cma, davanti alla sua casa.

Essere una «cristiana in motocicletta», racconta sua moglie, Eileen, le ha dato l’occasione di «conoscere persone che sai che non metterebbero mai piede in una chiesa, ma sono disposte ad ascoltarti, a sentir parlare di Gesù quando viaggi insieme a loro su una Harley». Anzi, ai raduni “secolari”, «quando arrivi a conoscere qualcuno, spesso sono gli altri a tirare fuori l’argomento Gesù. Ed è veramente emozionante poter parlare a un amico di Gesù come di un amico».
Non è un caso, quindi, che le attività della Christian Motorcyclists Association siano in gran parte pensate per i grandi raduni “secolari”: dal bar senza alcol «Holy Smoke» all’assistenza meccanica, dall’animazione musicale al pronto soccorso, dall’aiuto all’organizzazione fino alle attività mirate per bambini, adolescenti e donne. Senza dimenticare la presenza nelle carceri, che è – sin dagli inizi – una delle caratteristiche dell’associazione. Tutte queste attività hanno l’obiettivo di «usare le proprie abilità per avvicinarsi agli altri con il Vangelo». Sono due infatti, per i biker cristiani, gli elementi che permettono di trasmettere la fede: «Essere visibili ed essere coinvolti» nella vita degli altri.
«Nel corso degli anni ho conosciuto molti motociclisti che erano alcolizzati, drogati e vivevano nel peccato, e li ho visti riconoscere il Signore come il loro Salvatore personale», racconta Curtis Clements, vicepresidente per l’evangelizzazione, che ha scoperto Cristo nel 1972, dopo che un gravissimo incidente in moto lo aveva costretto per tre mesi in ospedale. «Dio li ha purificati, noi li abbiamo amati e adesso sono parte dell’associazione come leader a livello statale e nazionale».
«L’alcol e la droga», spiega Rick Steffy, «sono naturalmente dei grandi problemi all’interno della comunità dei motociclisti». Ma sarebbe sbagliato pensare, magari sul modello di quanto racconta il cinema, che la vita dei biker e i loro raduni girino esclusivamente intorno a quello: «In realtà, alcol e droga non c’entrano nemmeno con la nostra cultura. Non sono solo i motociclisti che bevono, il problema è ovunque, è un modo di guardare alla vita molto diffuso, e a tante persone sembra un modo di vivere divertente. Fino a quando non conoscono un’alternativa migliore», aggiunge. «Fino a quando non conoscono Gesù».

Sacre Scritture sul letto.

Molte delle occasioni che portano un biker a «incontrare Cristo» cominciano proprio così, con una birra o da una sbronza: «Ricordo che una volta ero seduto sui gradini di un bar e arriva un ragazzo ubriaco, barcollando. E gli ho detto semplicemente: “Faresti meglio a sederti qui prima di cadere”. Così abbiamo cominciato a parlare, mi ha detto che era da tre giorni a questo raduno, che si era ubriacato sin dall’inizio e non aveva ancora smesso di bere. “Non ne posso più di non poterne più”, mi ha detto». Si tratta di una situazione che Rick, con il suo passato da alcolista, conosce bene: «Gli ho risposto: “Lascia che ti racconti che cosa ha fatto Dio alla mia vita”. L’importante è stato accettare quella persona, lì dov’era e come era, e quindi condividere il Vangelo con lui. Questa è la nostra missione».
Accade che, anche per i motociclisti, la conversione possa essere rapida e profonda, come da tradizione evangelical. Un aneddoto che viene tramandato ancora oggi nell’associazione racconta di un certo Greg Heinritz che arrivò a uno dei primi raduni dell’associazione, alla fine degli anni ’70, a bordo della sua Moto Guzzi ricoperta – come ci si aspetta da ogni vero biker – di decalcomanie di donne seminude. «Greg», racconta Johnny Upton, un altro dei veterani della Christian Motorcyclists Association, «accettò Cristo proprio in quell’occasione, e con una bomboletta di vernice nera coprì immediatamente i disegni sulla sua moto».
Uno dei momenti chiave dell’attività di un predicatore in sella a una Harley come Rick è la benedizione delle motocicletta. Ogni biker che si rispetti vuole sapere che Dio guarda e protegge la sua moto, «anche se non ci crede». «Possono essere lontanissimi dalla fede, ma stai sicuro che vogliono che la loro moto venga benedetta», racconta Rick ridendo. «E noi lo facciamo, i proprietari poi possono mettere sopra uno sticker con il logo dell’associazione e la scritta “Gesù ti ama”. Anche questo serve ad aprire una porta». Il predicatore racconta la storia di una persona che ha conosciuto tanti anni fa: «Si stava riprendendo dall’alcolismo e quando finalmente si è potuto comprare una moto mi ha chiesto: “Puoi benedirla?”. L’ho fatto e ho parlato con lui». Con il passare degli anni, Rick e Eileen hanno potuto seguire l’evoluzione di quella semplice benedizione, «fino a quando ho visto quel ragazzo venire a Cristo e chiedermi di battezzarlo».

Il giubbotto di un biker cristiano del Queens.

Non è qualcosa che faccia abitualmente, Rick ci tiene a precisarlo. La natura non-denominazionale della Christian Motorcyclists Association implica che ogni aderente viene invitato a prendere i sacramenti e a frequentare il servizio domenicale nella propria Chiesa di appartenenza. «Ma per lui ho fatto un’eccezione: ho visto la storia di questa persona da quando ho benedetto la sua moto, fino alla scoperta di Gesù, l’impegno con la Chiesa, l’ho visto restare sobrio e finalmente mi ha chiesto di battezzarlo. Vedere qualcuno anno dopo anno fare progressi, è quello che dà un senso al mio lavoro. Il nostro scopo principale come associazione è quello di portare Gesù alle persone. Però, se una persona a cui sono molto vicino me lo chiede, la battezzerò, non come membro della Cma ma come pastore».
Alle conferenze annuali dell’associazione, i membri – oggi sono 125 mila negli Stati Uniti, oltre ad associazioni “gemelle” in 22 Paesi del mondo – e i “ministri” sono chiamati a condividere una storia che li ha particolarmente colpiti nel corso dell’anno. Rick Steffy ha raccontato la storia di Dean, un uomo conosciuto durante una delle gipsy rides – le “gite zingare” – che vengono organizzate a volte durante i raduni. «C’era questo tizio con cui avevo viaggiato in moto per molti anni, ci conoscevamo da tempo. Un paio di anni fa è stato ucciso in un incidente, un altro motociclista ubriaco lo ha buttato fuori strada. Da allora», ha ricordato il predicatore, «sono diventato buon amico di suo figlio, che un giorno mi avvicina e mi chiede che celebri il suo matrimonio. La cosa mi spiazza: lo prendo da parte e gli faccio, “non so se tuo padre ha mai fatto una scelta per quel che riguarda Gesù quando era in vita, ma devo sapere tu da che parte stai”. E lui mi ha risposto: “Quando hai benedetto la mia moto, ho pregato con te e ho accettato Gesù nella mia vita come Salvatore”».
Non è importante portare 14 o 15 mila persone a un evento, osserva Rick con riferimento alle mega-churches che spopolano nella provincia americana, dove la cultura dei biker è più forte, ma «quello che conta è raggiungere una persona, toccare un cuore alla volta». E tutto questo, aggiunge con un sorriso, comincia con una moto. Se poi gli si chiede se Gesù, oggi, andrebbe su una Harley, Rick risponde: «Certo, perché saprebbe che è un modo per aprire i cuori e condividere il suo amore con qualcuno». «La targa della mia moto», ci dice prima di salutarci, «è “WWJR”. Sta per What would Jesus ride?, cioè “cosa guiderebbe Gesù?”. E no», conclude ridendo, «la risposta non è “una Harley!”, ma “tutto ciò che è necessario per fare in modo che ciascuno vada con lui”. Persino una Ducati!».

Alessandro Speciale
(hanno collaborato M.A. Marinelli e C. Bendinelli)

Pausa pranzo sull’autostrada.

Cma: una strada lunga 35 anni La Christian Motorcyclists Association compie quest’anno 35 anni e di strada, è proprio il caso di dirlo, ne ha fatta tanta dagli inizi nel 1975, quando il pastore Herb Shreve andava di raduno in raduno con l’idea di portare il Vangelo al gregge sregolato dei motociclisti. Oggi, l’associazione ha 136 mila aderenti nei 50 Stati Usa, con oltre mille gruppi attivi. Nel 2009, come annuncia fieramente dal sito web dell’associazione John Ogden Sr., da dieci anni amministratore delegato, la Cma ha “salvato” più di 11 mila persone nei soli Stati Uniti, raccolto più di 9 mila nuovi aderenti. Oltre 17 mila persone hanno invece portato a termine uno dei corsi per diventare “ministri” dell’associazione: potranno adesso partecipare, come volontari a nome della Christian Motorcyclists Association, ai raduni motociclistici, offrendo i loro servizi come meccanici, baristi, organizzatori, animatori, musicisti o infermieri.
La principale iniziativa annuale della Cma è una grande raccolta fondi – chiamata «Run for the Son» – che ha raccolto quest’anno quasi 4 milioni di dollari. Di questi fondi, solo il 40% viene destinato alle attività dell’associazione. La parte restante viene divisa fra tre diverse iniziative di evangelizzazione: il film Jesus di Jim Green che, dalla sua realizzazione 27 anni fa, è stato tradotto in oltre mille lingue e proiettato in 226 Paesi a un pubblico complessivo calcolato in oltre 6 miliardi di persone, con circa dieci milioni di “decisioni per Cristo” come risultato; Open Doors, un’organizzazione che sostiene i cristiani perseguitati nel mondo, particolarmente attiva, ad esempio, nella distribuzione di Bibbie alla Cina; e Missionary Ventures International, un’associazione missionaria che dal 1983 si occupa di fornire mezzi di trasporto – bici, moto, cavalli e barche – ai pastori indigeni che lavorano nelle zone più difficili del pianeta.
L’associazione è di natura interdenominazionale e preferisce concentrarsi sul servizio e la testimonianza piuttosto che sull’affermazione di una particolare concezione di Dio, di Gesù o della Chiesa. Ma la sua matrice è nettamente evangelica. Per questo molti motociclisti cattolici, pur essendosi inizialmente avvicinati alla Christian Motorcyclists Association, finiscono spesso per lasciare e rimangono “senza casa”. Alcune organizzazioni di biker cattolici esistono nell’Ohio o a Cleveland ma rimangono casi isolati. Forse, però, sull’esempio del nuovo arcivescovo di Miami, Thomas Wenski, che si è più volte fatto fotografare a bordo della sua Harley Davidson, anche questa lacuna è destinata ad essere colmata.
La Cma International raccoglie le associazioni dei motociclisti cristiani di ben 22 Paesi del mondo, dal Canada all’Argentina, dal Sud Africa al Pakistan, dall’Albania allo Zimbabwe. Un “capitolo” è stato fondato persino in Italia: lo guida Massimiliano “Mattyo” Di Mattia. Per chi fosse interessato, l’indirizzo email è mattyo@email.it.

a.sp.
EASY NEWS PRESS AGENCY Il Direttore MAURIZIO ZINI +39.335.6573037
www.mauriziozini.com info@mauriziozini.com

 

Share.

Leave A Reply